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venerdì 20 settembre 2013

L'intervista (1^ parte)



Emmarosa

<<Quando si comincia a tenere un blog e a scrivere sui siti specializzati si attirano subito le attenzioni degli habitués del genere… quindi tutti a leggere, commentare, mandare e-mail e tentare di conoscerti.
La circostanza, vissuta senza difese, può dare alla testa e può portare dove non si voleva finire.
Nel mio caso, a letto con qualcuno.
Mi ero data questo dictat assoluto e intendevo rispettarlo, a qualsiasi costo.
Quindi, quando mi arrivò la richiesta di un giornalista per un’intervista tête à tête, fui molto decisa a respingere l’invito.
Nessun incontro personale. Nemmeno con un articolista. Così, insistetti per avere le domande via mail e per rispondere con lo stesso mezzo.
Le argomentazioni del mio corrispondente furono chiare, da subito:per trattare di sesso apertamente, come voleva fare, doveva avere certe garanzie. Ad esempio, mi disse, che fossi una persona, uno scrittore individuale e non un gruppo di persone. Ad esempio, che fossi veramente una donna. Ad esempio, che fossi attraente come il pubblico immaginava. Potevo anche non rivelare il mio nome, mantenendo il mio pseudonimo, ma mostrarmi dovevo mostrarmi. E mi avrebbe garantito la privacy che chiedevo.
Troppe insistenze,anche se con argomentazioni che potevo condividere. In più, mi scriveva da un indirizzo personale, il che non mi aiutava a veder chiaro nella possibilità che mi offriva.
Avrei fatto anch’io così.
Poi, un giorno, l’ennesima sua email, ma con l’indirizzo di posta elettronica ufficiale della rivista per cui scriveva.
Eh, quando lo lessi…capii che non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di poter essere pubblicata su M*******, lasciai cadere i miei dubbi e risposi immediatamente “Ok, venerdì pomeriggio, autostrada Axx, direzione Xxxx/Yyyyy, Autogrill A**** ore 16.30. Potrei avere la lista delle domande per prepararle?”.
La risposta arrivò in un minuto “Appuntamento ok. No, le domande, ripeto, le devo fare di persona e in…presa diretta. A venerdì. Sarò puntuale. Non abbiamo molto tempo se poi l’intervista vogliamo vada in stampa per l’edizione della prossima settimana!. Buona giornata.”.

Per i tre giorni che seguirono, studiai una strategia. Dovevo fare colpo professionalmente, come scrittrice, cioè, e non personalmente.
Decisi, così, che mi sarei vestita con un lungo pullover e dei leggings, sandali altiper darmi un tono e i miei orecchini pendenti portafortuna.
Pensai a lungo e cercai anche di immedesimarmi in un contesto, per fare subito un’impressione di intervistata esperta. Era una cosa difficile e sempre trovavo dei punti in cui il muoversi della scollatura, un sorriso divertito, uno sguardo di lato, potevano creare quella atmosfera maliziosa che volevo evitare. Ero tesa e nervosa. Si avvicinava il momento e non sapevo gestire l’imbarazzo.
Poi, prima di partire per l’appuntamento, quello stesso venerdì, vidi per caso passare in tv lo spot dell’acqua tonica, dove la Thurman si fa intervistare da un giornalista eccitato e imperlato di sudore che equivoca e le propone impacciato e spudorato del sesso e lei glissa con la massima nonchalance senza scomporsi di un capello.
Bene, a questa recita ero pronta.

Presi la macchina e in mezz’ora fui là, calcolando di arrivare in anticipo di almeno venti minuti e ambientarmi.
Quando entrai, lo riconobbi d’istinto. Era già lì e non era un maturo pancione sudato come me l’ero figurato. Poteva avere qualche anno meno di me, ma non era un bamboccio, come di solito mi sembrano quelli più giovani, anche se di poco.

Mi avvicinai al tavolino che aveva occupato, l’unico con due sgabelli di tutto il locale.
Non mi ricordo se lo salutai o se invece gli sorrisi e basta, porgendo la mano come Uma nello spot.
Di sicuro rimasi in silenzio per dargli modo di non perdere tempo in (e non fare) domande indiscrete e per non perdere l’autocontrollo che avevo guadagnato e non cadere nella mia innata timidezza.
Mi sorrise, mi squadrò come era scontato che facesse un uomo e, aprendo la copertina dell’iPad, buttò lì la prima domanda.

“A quale età ha avuto il primo incontro con un pene?”
L’ingenuità della domanda mi fece sorridere. Evidentemente il giornalista affrontava una delle sue prime interviste sull’argomento e sembrava camminare sulle uova. Decisi perciò di dare una svolta al linguaggio, che doveva servire ai lettori per immaginare, conoscere, creare, attuare… “La prima volta che vidi un ‘cazzo’ (chiamiamolo con il nome che più ce lo rammenta eretto, turgido, lucido e pronto…) avevo 14 anni. Non ero proprio una bambina e questo essere già cresciuta forse mi ha evitato traumi che poi potevano allontanarmi dal piacere del sesso.
Era uno dei primi fidanzatini, ed è successo in camera sua. La casa vuota, la penombra di un pomeriggio di luglio, la radio suonava Jump dei Van Halen… non proprio il massimo del romanticismo… Lui aveva 18 anni e ci stava provando da un po’. Ricordo che mi girò sul letto, spostò i suoi pantaloncini da jogging e me lo infilò in bocca senza nemmeno chiedermi se era la prima volta.”

“E come è stato il primo contatto, cosa ha provato?”
“Feci quello che dovevo fare, come se lo avessi saputo da sempre. E non mi disgustò. Trovai solo che la consistenza assomigliava molto alla gomma, e l’esterno liscio e lucido come la pelle di un serpente. Da quel momento smisi di provare ribrezzo per i serpenti…Lì per lì questo succhiare e leccare non mi rendeva partecipe. Cercavo di immaginarmi il suo piacere…fisicamente, intendo, perché visivamente avevo davanti il suo viso che bramava ciucciate e la sua voce che mi diceva ‘si…si, ancora, ancora…’. Con questo pensiero, i giorni seguenti, cominciai a trovarmi improvvisamente bagnata e allora decisi di fare io stessa la prima mossa la volta successiva.”

"L’emozione di perdere la verginità come l’ha gestita?"
Aveva sparato lì anche la terza domanda, senza ancora guardarmi bene in viso. Era imbarazzato? Era schifato? Era deluso? Mah… però notavo che cercava di sedersi meglio sullo sgabello, allargando le gambe. Con uno sguardo indifferente, buttai gli occhi sulle sue cosce, robuste, muscolose sotto i pantaloni attillati sul femore e… si, vabbè… anche un po’ sul cavallo. Che dire, c’ero scivolata involontariamente a dare un’occhiata.
“Quella è avvenuta dopo. Non avevo fretta. Fare pompini e perdermi a succhiare, leccare, masturbare era davvero incommensurabile. Questa cosa mi è rimasta, perché se la penetrazione mi dà un’emozione maggiore e trovo che il rapporto non si possa concludere senza, l’eccitazione maggiore ce l’ho durante una fellatio.
Persi la verginità nel modo più classico, stesa a terra su un tappeto a casa della sorella del mio ragazzo. Lui tentava di tranquillizzarmi, ma ancora mi chiedo il perché. Non sentivo dolore, era una penetrazione voluta e cercata, l’eccitazione era altissima ed alla fine mi sembrò che fosse una cosa di cui non poter fare mai più a meno.”

"Che rapporto ha con la masturbazione?"
A questa domanda deglutì.
E io mi stupivo di non provare nessun imbarazzo, né a ricevere le domande (che capivo si sarebbero fatte sempre più hot) né a rispondere con dovizia di dettagli e descrizioni, come se stessi scrivendo uno dei miei racconti.
“Penso che nella vita non puoi aspettarti dagli altri niente di più di quello che tu stessa puoi fare. E questo vale anche per il sesso. Se non so come gestire il mio piacere, come posso creare i presupposti per godere dal corpo di un'altra persona? Perché, chiaro, indirettamente indirizziamo i gesti e le iniziative degli altri in un unico senso: quello di aumentare e perpetrare il massimo soddisfacimento fisico e mentale… Tu mi tocchi, io sposto il mio corpo verso il punto che per me è più erotico… tu mi baci ed io vado con il viso più giù…”.
Avevo usato il tu. Non bene, dovevo correggere il tiro. Speravo passasse inosservato perché faceva parte di un esempio.
“E masturbarsi davanti all’altra persona in realtà è uno spettacolo sul ‘come ti vorrei’, sul ‘come vorrei che mi facessi godere’…è l’estasi dei cinque sensi…la vista, per l’eccitazione erotica che la visione del piacere sessuale dà…l’udito, perché ci si abbandona più facilmente alle parole e ai sospiri…l’olfatto, perché gli umori che si sprigionano portano il profumo del godimento e contemporaneamente il gusto, perché l’odore fortissimo dei feromoni si insinua sulle papille e sulle mucose del palato quasi a voler descrivere come sarebbe il leccare la pelle dell’altra persona e…il tatto, perché chi guarda non tocca ma è sollecitato ad allungare la mano e unirsi a te”
Cazzo, di nuovo il ‘tu’!

“Preferirebbe masturbarsi davanti ad un uomo o davanti ad una donna?”
Perfetto, stava usando ancora il ‘lei’… forse non se ne era accorto…
Però fissava la mia mano appoggiata sul tavolino…per un attimo pensai stesse immaginandola a stimolare il mio clitoride mentre a gambe aperte stavo su quello scomodo sgabello nell’Autogrill… la mia fantasia di scrittrice di racconti erotici cominciava a lavorare su un soggetto…ma tornai alla domanda che mi aveva fatto e risposi senza scomporre un muscolo.
“In ogni caso sarebbero due momenti diversi…masturbarsi per un uomo è diverso che farlo per una donna…è più facile eccitare un uomo, che ha bisogno di gesti semplici, diretti, di gemiti definiti e di sapere dove e come la donna sta provando piacere…masturbarsi per una donna è diverso… ogni gesto che si fa deve idealmente arrivarle come quasi fosse fisico e farle provare la stessa cosa, negli stessi punti, con la stessa intensità…per una donna si deve riuscire a farla immedesimare…per una donna si deve essere se stesse e farlo per se stesse.”. Adesso mi guardava, fisso. Aspettava quello che non gli avevo detto “Non ho risposto, eh…? No, non ho risposto…ma anche si…”. E sorrisi come non avrei dovuto.

"Fa uso di sex toys?"
Aveva un elenco di domande sul notes dell’iPad. Quando finivo di rispondere, vedevo che faceva scorrere il dito avanti e indietro forse scegliendo quella successiva… ma mi accorsi ad tratto che quel gesto era diventato meccanico e che la direzione dello sguardo non era sulle domande. Cercai di non verificare dove esattamente mirasse e pensai alla risposta.
“Si”
Lui stava ad aspettare.
Mi dissi che la pausa serviva a creare suspence. In realtà, dovendo essere sincera, serviva a me per ricompormi e per ritrovare un po’ di lucidità La descrizione della masturbazione, l’entrare così nell’analisi delle sensazioni, mi aveva procurato una sottile eccitazione e sentivo i capezzoli inturgidirsi e il seno gonfiarsi nel reggipetto. Mi sedetti meglio ed ebbi la conferma che mi avevo le mutandine fradice. Dovetti accavallare le gambe anche per non badare alle pulsazioni che sentivo là in mezzo. L’argomento sex toys poteva essere trattato tradizionalmente o…a modo mio. E l’eccitazione mi portò involontariamente sulla seconda alternativa.
“Vede… scusi, come si chiama lei?”
“Andrea”
“Ecco, Andrea, vede…ogni sex toy replica o si adatta ad una funzione precisa. Si pensa che il sex toy serva proprio a far volare la fantasia verso orizzonti più ampi e disinibiti. No. E’ costruito esattamente per un certo tipo di uso, efficacissimo, per carità, ma ciò non lascia spazio alla fantasia. Preferisco che si usino degli home items…che si possono prestare davvero a qualsiasi interpretazione. Ogni oggetto ha in sé, infatti, una forma, una consistenza, una superficie idonea a qualche pratica erotica…in più…sono sempre a portata di mano e non dobbiamo rinunciare di dar corpo all’immaginazione per mancanza.”.... (continua)

3 commenti:

  1. Priapo: molto intigrante: aspetto con ansia la seconda parte....

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  2. smnolivieri: peccato che non è finita l' intervista.. la parte piu bella è dove dici come pretendere dagli altri se non siamo noi i primi a farlo, la penso anche io cosi..spero che continui l' intervista

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