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giovedì 12 settembre 2013

La scommessa - I

Sapevo che avrei avuto un pomeriggio di piacere.
Più che il denaro promesso, era questo a cui in quel momento pensavo, anche se la cifra offerta lasciava pensare che sarebbe stato impegnativo.
Lui, lo conoscevo appena di vista, abitava due piani più sotto al mio e per tutto quel tempo tra noi solo saluti formali nell'incontrarsi su e giù per le scale, quando l'ascensore non funzionava.
Avevo notato i suoi sguardi sempre più insistenti sul mio seno, sulle sue cosce, sul mio sedere. Era uno di quegli uomini banalmente attratti dal pensiero del sesso, pensavo, che poi a casa si sarebbe acceso di fantasie stereotipate sul mio corpo, e di questo squallore - non di essere oggetto del suo piacere - mi infastidivo ogni volta.
Il sesso e' un passatempo sempre nuovo, pensavo, perché renderlo ordinario?
Così, quella stessa mattina, nell'incontrarlo per le scale non trattenni un gesto spontaneo, sfuggente, ma che lui notò immediatamente.
Le mutandine stringevano e mi si era infilata una mano tra le gambe per sistemarle, senza alcun pudore. Con un dito ero penetrata tra le labbra fino a farne vedere tutta la forma e avevo tirato il tessuto con evidente provocazione.
Il pensiero che mi aveva attraversata era "te lo farei vedere io il sesso vero" e lui l’aveva letto perfettamente così.
Mi afferrò un braccio, mi chiese senza preamboli di raggiungerlo nel pomeriggio giù da lui, ché mi avrebbe presentato degli amici.
E senza nessun giro di parole mi disse che se alla fine non fossi stata soddisfatta, mi avrebbe risarcito tempo e pazienza con una cifra pari all’importo dell’affitto mensile del mio appartamento.
Alle due, perciò, avevo preso l'ascensore senza nessun dubbio che sarei stata risarcita...perché se i suoi amici erano come lui...l'impegno sarebbe stato solo quello di una noia mortale, e se invece avessero fatto sul serio, l'impegno sarebbe stato quello di fingere una noia mortale.

La porta era aperta e la richiusi sfacciatamente appena dentro. Vidi due uomini sulla trentina, ne' belli né brutti, seduti sul divano. Distratta da questo, non mi accorsi di lui, che mi prese da dietro, mi intimò sottovoce di fermarmi e di stare immobile.
Il nostro accordo era anche questo. Obbedire, non metterci del mio perché sarebbe stato come barare.
I miei vestiti caddero a terra ma non le mutandine, che una mano abile mi infilò tra le grandi labbra, allargandomi bene fino ad esporre il clitoride che sentii scoperto, indifeso ed alla mercé di tutti, e poi fin su, nella piega delle natiche, mentre lui ne prendeva la parte superiore come fossero delle briglie e mi conduceva verso il salotto come una bestia al mercato.
Mi sentivo un animale al giogo, provavo una sottomissione mai pensata, una mancanza di volontà propria e una totale affermazione della volontà del mio ospitante...e presto anche dei suoi amici, pensai.
Mi fecero mettere carponi sul tappeto, tra i divani del salotto, ordinandomi di stare ferma, qualsiasi cosa fosse accaduta. Non potevo ribellarmi, con tre uomini che mi avrebbero ripresa e costretta al mio posto.

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