Sapevo
che avrei avuto un pomeriggio di piacere.
Più
che il denaro promesso, era questo a cui in quel momento pensavo, anche se la
cifra offerta lasciava pensare che sarebbe stato impegnativo.
Lui,
lo conoscevo appena di vista, abitava due piani più sotto al mio e per tutto
quel tempo tra noi solo saluti formali nell'incontrarsi su e giù per le scale,
quando l'ascensore non funzionava.
Avevo
notato i suoi sguardi sempre più insistenti sul mio seno, sulle sue cosce, sul mio
sedere. Era uno di quegli uomini banalmente attratti dal pensiero del sesso,
pensavo, che poi a casa si sarebbe acceso di fantasie stereotipate sul mio
corpo, e di questo squallore - non di essere oggetto del suo piacere - mi
infastidivo ogni volta.
Il
sesso e' un passatempo sempre nuovo, pensavo, perché renderlo ordinario?
Così,
quella stessa mattina, nell'incontrarlo per le scale non trattenni un gesto
spontaneo, sfuggente, ma che lui notò immediatamente.
Le
mutandine stringevano e mi si era infilata una mano tra le gambe per
sistemarle, senza alcun pudore. Con un dito ero penetrata tra le labbra fino a
farne vedere tutta la forma e avevo tirato il tessuto con evidente
provocazione.
Il
pensiero che mi aveva attraversata era "te lo farei vedere io il sesso
vero" e lui l’aveva letto perfettamente così.
Mi
afferrò un braccio, mi chiese senza preamboli di raggiungerlo nel pomeriggio
giù da lui, ché mi avrebbe presentato degli amici.
E
senza nessun giro di parole mi disse che se alla fine non fossi stata
soddisfatta, mi avrebbe risarcito tempo e pazienza con una cifra pari
all’importo dell’affitto mensile del mio appartamento.
Alle
due, perciò, avevo preso l'ascensore senza nessun dubbio che sarei stata
risarcita...perché se i suoi amici erano come lui...l'impegno sarebbe stato
solo quello di una noia mortale, e se invece avessero fatto sul serio,
l'impegno sarebbe stato quello di fingere una noia mortale.
La
porta era aperta e la richiusi sfacciatamente appena dentro. Vidi due uomini
sulla trentina, ne' belli né brutti, seduti sul divano. Distratta da questo,
non mi accorsi di lui, che mi prese da dietro, mi intimò sottovoce di fermarmi
e di stare immobile.
Il
nostro accordo era anche questo. Obbedire, non metterci del mio perché sarebbe
stato come barare.
I miei
vestiti caddero a terra ma non le mutandine, che una mano abile mi infilò tra
le grandi labbra, allargandomi bene fino ad esporre il clitoride che sentii
scoperto, indifeso ed alla mercé di tutti, e poi fin su, nella piega delle
natiche, mentre lui ne prendeva la parte superiore come fossero delle briglie e
mi conduceva verso il salotto come una bestia al mercato.
Mi
sentivo un animale al giogo, provavo una sottomissione mai pensata, una
mancanza di volontà propria e una totale affermazione della volontà del mio
ospitante...e presto anche dei suoi amici, pensai.
Mi
fecero mettere carponi sul tappeto, tra i divani del salotto, ordinandomi di
stare ferma, qualsiasi cosa fosse accaduta. Non potevo ribellarmi, con tre
uomini che mi avrebbero ripresa e costretta al mio posto.
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