Mancava
un mese all'inizio dell'ultimo anno delle superiori, mi ero trovata un
lavoretto giusto per passare il tempo e il caldo e la noia erano
insopportabili.
Nessuno
dei miei amici era a casa. Chi nella villa al mare, chi nello chalet in
montagna, chi in barca a vela in una summer school, chi ad imparare l'inglese
in Inghilterra.
Io,
l'unica a passare l'estate con i miei in attesa che finissero la casa, alla
quale dedicavano ogni energia ed ogni attimo di tempo.
Mi
annoiavo a morte, non sopportavo il silenzio che si creava in casa quando
ognuno poi se ne stava per conto suo al riparo dalla calura del dopo pranzo ed
io attendevo solo le 17 per aprire il negozio presso il quale sostituivo la
commessa in ferie. Tutto il mese d'agosto, mi avevano presa.
Io
speravo in una proroga anche per la prima settimana di settembre.
Il
pensiero di quel sesso consumato in macchina, senza tanti preamboli, mi
perseguitava. Non avevo avuto il tempo di dire no, ma... l'avrei detto? Non so,
le dita che mi allargavano la bocca perché non facessi resistenza alla grossa
cappella già pronta che mi si infilò in bocca, erano la parte migliore del
ricordo perché mi davano la sensazione che il resto non fosse stato una scelta.
Eppure,
ogni volta mi bagnavo e mi accarezzavo la vagina lentamente al solo pensiero.
Non
avevo mai il coraggio di finire, perché, pensandoci, quel pomeriggio aveva
goduto fino in fondo solo lui.
E
dai, e dai... il pensiero si fece azione.
Così,
il martedì successivo, presi la mia bicicletta sotto il sole delle due del
pomeriggio e incurante del caldo, passai dall'officina per vedere se c'era già
qualcuno dentro. Cercavo lui, ma non sapevo se per dirgliene quattro,
ricattarlo o sottostare ancora alle sue voglie.
Mi
aprì sorridendo, con le mani sporche di unto del motore, una pesante tuta blu
addosso, tutta chiazzata di sudore.
"Bentornata"
disse guardandomi il petto già grondante dopo la corsa in bicicletta "Si
vedono i capezzoli, li hai duri. Quindi non sei qui per protestare. Bene,
mettiti là" e mi indicò uno sgabello basso in un angolo afoso
dell'officina. "Racconta, quanto ci hai pensato, fresco fiore? Vuoi un
caffettino che ci mettiamo dentro la panna?" e si toccava il pacco.
Tentai
di dire che ero lì perché mi fosse resa quella parte di piacere che non avevo
avuta, ma pensai che alla fine non cambiava nulla rispetto al motivo per cui
ero lì... il sesso con quell'uomo, un sesso fatto di esperienze che mi andava
di fare per mio bagaglio personale... esperienze da ripetere o evitare, una
volta conosciute, ma che andavano fatte per prendere tali decisioni.
Quel
pomeriggio si limitò a sbattermi in un angolo seduta sullo sgabello, mettermelo
in bocca e, appoggiandosi al muro, scoparmi senza sosta fino in gola.
Venne
in un bicchiere sporco di birra e mi fece bere il tutto 'alla nostra salute'.
Ritornai
fino all'inizio della scuola, quasi ogni giorno.
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