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giovedì 12 settembre 2013

Una Ferrari Testa Rossa per un pompino (uno)


Quando il cugino di mia mamma, che io chiamavo zio, compì 50 anni festeggiò alla grande.
Era il 14 agosto e cadeva di giovedì. Davanti al suo compleanno, perciò, vide che c'erano ben tre giorni per smaltire qualsiasi eccesso avesse messo in piedi.
E con gli eccessi era bravo.
La sera organizzò una grande cena nel cortile della sua officina, alla quale invitò amici, parenti, conoscenti, vicini di casa e chiunque passasse di là.
Giravano tartine con caviale e ostriche e bottiglie da 6 litri di Moet Chandon serviti su un apparecchiamento da pic nic. Una fila interminabile di tavoli di resina con tovaglia di carta a quadri verdi e ordinari piatti di plastica bianca e tovaglioli ad un velo. Erano gli anni '80.
Ci andai con la mia famiglia, vestita con una maglietta gialla, scarpe da ginnastica di tela e un paio di pantaloncini di jeans a metà coscia che tentavo di arrotolare più su, facendo ogni volta irritare mio padre. In realtà avrei voluto avere una mise come Madonna o Cindy Lauper.
Invece mi ritrovavo, quasi sedicenne, ad essere vestita come mia cugina che aveva undici anni.
La serata fu comunque fantastica, nonostante quel revival di musiche anni '60 che, data l'età che si festeggiava, era pertinente.
Verso l'una, i miei si preparavano ad andarsene, stavano salutando una fila interminabile di gente ed io mi annoiavo a morte aspettando che finissero i convenevoli di rito.
Mio zio se ne accorse e, prendendomi per le spalle, mi chiese se volevo dare un'occhiata alla scuderia di auto di lusso che custodiva per conto di un'industriale ricchissimo suo amico d'infanzia.
C'erano una Rolls, una Maserati, una Porche...e poi, lei, una Ferrari Testa Rossa nuova fiammante.
"Ti piacerebbe se ti portassi a fare un giro?" mi chiese ed io non ebbi nemmeno il tempo di rispondere.
"Bene, domani o sabato vengo a prenderti. Ma guarda che ti faccio provare i 200 km all'ora, eh?". Sorrisi, ma la velocità in effetti mi faceva paura.
Arrivò all'indomani. Mio padre non ne voleva sapere di lasciarmi portare in giro su una Ferrari per le strade di campagna del nostro paese. Troppo pericoloso, troppe curve, troppi argini, troppi fossi...ma il cugino di mia mamma, che era meccanico ma era stato pilota di rally, lo convinse ed io montai su quel bolide. Peccato che la scuola era lontana, perché avrei dovuto aspettare un mese prima di raccontare l'esperienza ai miei compagni e vantarmene un po' in giro.
Partimmo a velocità di parata per il centro del paese, con gli occhi di quei quattro pensionati che erano rimasti in città a ferragosto.
Uscimmo dalle strade cittadine, percorrendo la statale completamente priva di traffico, tanto da sembrare la Route 66 nel tratto in cui attraversava il deserto.
Anche la temperatura di quel pomeriggio era in effetti anche quella del deserto e l'aria non era limpida, ma afosa e il riverbero muoveva l'orizzonte dell'asfalto caldo.
Su un rettilineo la macchina raggiunse i 260 all'ora ed io ero terrorizzata.
Allora l'uso delle cinture era una colpa e se te le mettevi non eri ganzo. Anche in quel bolide, dove le cinture erano in dotazione e ti fasciavano la vita, e la velocità di obbligava ad agganciarle, io non le avevo indossate.
Quando mio zio vide la mia agitazione, provò a rallentare, ma mentre l'accelerazione si raggiungeva in pochi secondi, la decelerazione non era istantanea.
Fu un attimo, prima di una curva mi buttai su di lui, piegandomi bocconi sulle sue ginocchia, con le gambe e il sedere incollati al sedile passeggero.
La macchina infine si fermò, dopo la svolta, e mio zio per tirarsi fuori dalla statale, buttò su uno stradone di campagna, fermandosi abbastanza in là.
"Ancora paura?" mi disse accarezzandomi i capelli. Io non mi muovevo, avevo il cuore che quasi aveva subito un infarto. Non ebbi molto tempo per rispondere, perché mi sentii scostare appena e due dita che mi aprivano la bocca, mentre l'altra mano mi infilava il suo membro durissimo in bocca.
"Ho io qui il ciuccio per la mia nipotina" mi disse "Le bambine si calmano con i succhietti. Il mio è un succhiotto grosso e caldo...anzi un biberon pieno di latte che se lo succhi bene poi ti fai anche la merendina...".
Mi bagnai immediatamente. Non avevo mai avuto un fallo adulto da succhiare, né qualcuno che mi parlasse così.
Sentii le sue dita nella mia vagina, che andavano e venivano e bagnavano il buco dell'ano. Capivo le sue intenzioni.

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1 commento:

  1. Ciao, ho letto il tuo racconto della Ferrari Testarossa... trovandolo intrigante e coinvolgente. Ti faccio i complimenti per il tuo modo di scrivere scorrevole e dettagliato. E' un piacere leggerti ;) Buona giornata, Raoul

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